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Un caffé con Gualtiero Ferrari
Oggi intervistiamo Gueltiero Ferrari in occasione dell'uscita del suo secondo libro Zetafobia 2: la città morta. L'intrigante seguito di Zetafobia, un libro sugli zombie ambientato a Torino.

Parlaci di te: di cosa ti occupi, dove vivi?
Sono di Torino, nato e cresciuto in questa meravigliosa città che amo profondamente.
Da qualche anno vivo in periferia, anzi a dirla tutta sulle colline un bel po’ fuori, ma non mi pesa. È più comodo per il lavoro che svolgo presso un’azienda metalmeccanica.
Quando è nata la tua passione per la scrittura?
Alla scrittura sono arrivato abbastanza tardi.
Da lettore vorace facevo fatica a trovare libri interessanti perciò spesso leggevo testi di autori esordienti e sconosciuti. A volte m’imbattevo in vere e proprie perle rare, lavori eccezionali e ben scritti, ma con altrettanta frequenza la delusione era cocente. Ricordo che un giorno iniziai a leggere un romanzo zombie ambientato in Inghilterra, era appena uscita la seconda o la terza stagione di The Walking Dead e il tema dei non-morti cannibali andava per la maggiore. Faticai a finirlo e quando ci riuscii pensai che avrei saputo scrivere di meglio, così accesi il computer e buttai giù una trama.
Ecco, è così che ho iniziato a scrivere.
Il tuo romanzo è di genere fantascientifico, hai sempre amato questo genere letterario?
Ho sempre amato leggere, fin da ragazzo, e come genere prediligevo il fantasy. Poi, con gli anni, ho iniziato ad apprezzare i classici, approdando infine al thriller e all’horror che sono oggi i miei due generi preferiti.
La fantascienza l’ho sempre amata al cinema, a partire dal Dr. Who in avanti, e mi sono avvicinato ai romanzi dii genere solo negli ultimi anni. Ho ancora molto da leggere e al momento mi sto cimentando col Ciclo delle Fondazioni di Asimov.
Parlaci del tuo libro, qual è la genesi di questa storia?
“Zetafobia 2: La città morta” è il seguito di Zetafobia. Si tratta della parte centrale della trilogia zombie di mia creazione e si colloca temporalmente circa sei anni dopo il primo romanzo. L’idea della saga nasce da una domanda molto semplice: “Ma se accadesse veramente, se davvero una famiglia italiana si trovasse ad affrontare un’apocalisse zombie, come riuscirebbe a sopravvivere?”.
Quello è stato il punto di partenza.
In Zetafobia 2, però, mi sono preso la libertà andare oltre e di disegnare una Torino post-apocalittica, indugiando sull’adattamento che i sopravvissuti sono stati obbligati a mettere in atto per non finire sbranati.
È un po’ questa la chiave di lettura del romanzo, dove si incontrano strategie diverse e alcuni si uniscono in piccole comunità per trovare aiuto, mentre altri preferiscono usare il cinismo e la violenza, anche verso i propri simili, per tirare avanti.
Il protagonista, Domenico, è un personaggio davvero ben delineato, suscita molta empatia. Da dove si sviluppa questa figura così particolare?
Domenico è un collage dei miei sogni, o forse dovrei dire dei miei incubi. Molte delle sue manie si ispirano a brandelli di memoria che riesco a trattenere al risveglio. A tratti è un personaggio onirico, almeno per me, ed è per questo che entrambi i romanzi partono con la descrizione di un sogno.
Una domanda difficile: perché una persona dovrebbe leggere il tuo libro?
Direi per due motivi.
Il primo è che non si tratta della solita ambientazione americana. In Zetafobia 1&2 ci sono i nomi delle strade. Se si vuole si possono visitare fisicamente i luoghi dov’è ambientata la storia.
Inoltre ci sono gli zombie, i combattimenti e tutto quello che ci si aspetta da un libro di questo genere, tuttavia non è, e non vuole essere una storia epica, quella dove l’eroe salva tutto e tutti in barba alle difficoltà.
Il protagonista, non è il classico eroe. Non vuole lo scontro, anzi se può lo evita come la peste. S’ingegna per tenere il più lontano possibile il pericolo. Commette errori e non riesce a salvare sempre tutti.
È umano e ha paura. Tanta paura, come è giusto che sia se davvero ci si trovasse nel bel mezzo d’una apocalisse zombie.
Che altri progetti hai nel cassetto?
Beh innanzitutto sto iniziando a lavorare al capitolo finale della saga, poi sto editando un romanzo distopico col quale vorrei partecipare a un concorso letterario piuttosto importante e ho un racconto che mi frulla in testa da parecchi mesi ormai, forse è giusto l’ora di scriverlo.